Qualche tempo fa ti ho parlato del conflitto femoro-acetabolare, una patologia che se sottovalutata può sfociare nell’artrosi dell’anca. Oggi voglio affrontare l’argomento dell’artrosi all’anca, parlandoti del trattamento di questo disturbo attraverso l’uso della protesi.
L’artrosi è una delle patologie articolari più frequenti, anche se raramente colpisce l’anca, ma quando ciò accade può diventare invalidante.
L’incidenza dell’artrosi aumenta con l’età, oltre i 65 anni circa il 10% della popolazione è affetta da un’artrosi dell’anca.
Quali sono le diverse forme di artrosi dell’anca?
Per spiegarti meglio che cosa si intende per artrosi dell’anca, passerò velocemente in rassegna le diverse tipologie di questa patologia:
- La forma idiopatica o primitiva tipica dell’età avanzata è la conseguenza di uno squilibrio tra degenerazione e rigenerazione del rivestimento cartilagineo con sua progressiva usura. In seguito il processo patologico coinvolge progressivamente il tessuto sinoviale e l’osso subcondrale (è lo strato di osso che sta sotto alla cartilagine articolare) fino a portare, nei casi più gravi, al collasso articolare.
- Le forme secondarie , invece, hanno un’insorgenza più precoce. La loro causa può essere post-traumatica, oppure conseguente a malformazioni congenite o a patologie insorte nell’adolescenza o più raramente conseguenza di malattie artritiche o malattie dismetaboliche.
I sintomi dell’artrosi all’anca
Il sintomo principale è il dolore, che ha un’insorgenza subdola, con lo sforzo e con la ripresa del movimento. Se trascurato questo campanello d’allarme, può diventare sempre più persistente fino a limitare la deambulazione. Il dolore solitamente può localizzarsi in tre diverse regioni:
- inguinale con irradiazione alla regione interna della coscia fino al ginocchio (più frequente);
- glutea;
- trocanterica (all’altezza del femore).
Con il progredire della patologia il dolore diviene sempre più intenso. La limitazione funzionale coinvolge inizialmente i movimenti di rotazione e abduzione, per poi limitare sempre più l’utilizzo dell’articolazione dell’anca, dando maggiori problemi di deambulazione.
Ti ricordo che quando si accusano i primi dolori è sempre opportuno rivolgersi ad uno specialista per distinguere l’artrosi dell’anca da altre patologie che possono dare sintomi simili, come una sciatalgia o una patologia della regione inguinale o della fossa iliaca.
L’anamnesi d un accurato esame clinico permettono di formulare la giusta diagnosi, che verrà poi documentata dall’esame radiografico che evidenza la gravità del processo patologico. Solo in alcuni casi in cui le alterazioni articolari sono complesse si rende necessario un esame TAC o RMN.
Come si tratta l’artrosi dell’anca?
Il trattamento dipende dalla fase in cui si trova la patologia.
- Nelle fasi iniziale il trattamento si avvale di terapia medica antidolorifica, riposo, kinesiterapia (terapia del movimento).
- Con il progredire della patologia si ricorre della terapia infiltrativa intra-articolare e l’uso di un bastone per favorire la deambulazione.
- Nei casi che non rispondono al trattamento conservativo, si dovrà procedere con l’intervento di artroprotesi
In cosa consiste l’intervento di artroprotesi?
L’intervento di artroprotesi di anca è classificato come intervento di chirurgia maggiore. Nel tempo è divenuto un intervento ben codificato con alta percentuale di successo, naturalmente non privo di complicanze la cui incidenza è abbastanza limitata.In Italia attualmente vengono impiantate circa 96.000 protesi di anca all’anno.
La protesi totale di anca è composta da una componente femorale, lo stelo, su cui è inserita una testina che riproduce la testa femorale, realizzata in metallo o ceramica, la quale si articola con la coppa che si fissa all’acetabolo.
La fissazione delle due componenti protesiche all’osso adeguatamente preparato avviene con il cemento o a pressione (press fit) se l’ osso è di buona qualità. Le protesi di anca che attualmente utilizziamo possono distinguersi in:
- protesi a risparmio di osso che trovano indicazione in soggetti con osso di buona qualità, più spesso in soggetti giovani o relativamente giovani. Si tratta di protesi di rivestimento che sostituiscono solo la guaina articolare lasciando soprattutto al femore gran parte dell’osso e le miniprotesi femorali.
- protesi tradizionale può avere nella componente femorale varie forme per permettere l’adattamento alle differenti morfologie del femore. Su questo tipo di protesi l’esperienza è vasta e i risultati sono buoni nel tempo in un’alta percentuali di casi.
Per ridurre l’incidenza di complicanze e migliorare la ripresa dopo l’intervento e la sopravvivenza dell’impianto nel tempo, la ricerca tecnologica e clinica ha portato ad avere a disposizione del chirurgo vari impianti protesici e a sviluppare una “chirurgia a risparmio tissutale” associata ad un protocollo di recupero dall’intervento accelerato “Fast Track”. Naturalmente tutto ciò non può essere adottato in tutti i pazienti.
Fattori predittivi di una buona riuscita dell’intervento all’anca
Perché ci sia una buona probabilità di riuscita dell’intervento occorre che:
- l’articolazione e le ossa che la compongano, non siano eccessivamente deformate;
- l’anatomia non sia troppo alterata;
- il paziente non sia in eccessivo sovrappeso;
- il paziente sia in buone condizioni di salute.
Cosa accade prima e durante l’intervento?
Una cosa fondamentale è la preparazione del paziente all’intervento per affrontare al meglio la chirurgia e ridurre le complicanze.
Per prima cosa il paziente viene messo a conoscenza di quella che è la sua patologia, a che tipo di intervento verrà sottoposto, quali sono i rischi e le complicanze, come dovrà muoversi dopo l’intervento, cosa dovrà evitare, questo aiuta a ridurre le complicanze.
Come avviene l’intervento
Per quanto riguarda l’intervento oltre a effettuare delle incisioni limitate il chirurgo cercherà di preservare e/o reinserire le strutture muscolo-tendine e capsulari, conservando quanto più osso possibile. Inoltre, è importante ridurre le perdite di sangue, questo è possibile grazie ad un’accurata emostasi intraoperatoria, all’impiego di farmaci che riducono il sanguinamento sia per via generale che locale, quando possibile non viene applicato il drenaggio. A ciò va associato un buon controllo del dolore per favorire l’immediata ripresa della mobilizzazione articolare “controllata” e la ripresa della posizione eretta nella prima giornata dopo l’intervento.
Adesso devo salutarti. Ma, ti ricordo, in caso di dolore all’anca, di rivolgerti ad uno specialista, onde evitare che la situazione peggiori.